Epigrafica

Il vasto patrimonio epigrafico del MANN, costituitosi a partire dal XVIII secolo attraverso acquisizioni sul mercato antiquario e scoperte, offre uno spaccato delle principali lingue in uso nell’Italia centro-meridionale lungo un arco cronologico che va dal VI secolo a.C. al II secolo d.C. La maggior parte dei documenti è in lingua latina, circa duemila, mentre duecento sono i testi in greco e circa cento quelli nelle lingue italiche. .

Il nucleo fondante è rappresentato dalla collezione Farnese, iniziata da papa Paolo III alla metà del XVI secolo, che annovera circa duecento iscrizioni di provenienza romana e laziale che erano esposte presso le residenze di famiglia sia per il loro valore monumentale sia come riferimento a un passato esemplare. Vi si aggiungono altri nuclei collezionistici acquistati dal museo nella prima metà dell’800: la raccolta del cardinale Stefano Borgia, che include circa duecentosessanta iscrizioni di area umbra e laziale, entrate nel patrimonio museale nel 1817, quella dell’erudito settecentesco Francesco Daniele, acquistata nel 1812, e la raccolta di epigrafi flegree costituita da Carlo Maria Rosini, vescovo di Pozzuoli e antiquario, entrata nel patrimonio museale nel 1856. Un contributo rilevante viene poi dal territorio, sia dai rinvenimenti occasionali sia dagli scavi che hanno interessato la Campania e le regioni meridionali senza interruzione dal regno borbonico fino alla più recente attività di tutela delle Soprintendenze.

Il percorso di visita è organizzato secondo un criterio topografico che si focalizza sui singoli centri e sui contatti tra i diversi gruppi linguistici. Si apre con le colonie della Magna Grecia, luogo nevralgico per la diffusione dell’alfabeto in Occidente a partire dall’VIII secolo a.C., e dedica una particolare attenzione a Neapolis, città che si esprime in lingua greca nei testi ufficiali fino al III secolo d.C. Prosegue con le attestazioni in lingua osca dai centri campani di Capua, Nola, Pompei e Cuma, che documentano culti, istituzioni politiche e religiose. Di particolare rilievo, il frammento della Tabula Osca Bantina, il documento più lungo che sia noto in lingua osca insieme al Cippo Abellano, cui si affiancano i documenti dall’area irpina e le testimonianze relative al santuario sannitico di Pietrabbondante. La parte più cospicua dell’allestimento è riservata al processo di romanizzazione e alla vita pubblica di centri come Pompei, Ercolano e Pozzuoli, di cui possiamo conoscere magistrati, opere edilizie, culti e attività produttive come la fabbricazione di laterizi o la produzione di vino. Non mancano le testimonianze più estemporanee, come i graffiti rinvenuti lungo le strade o le scritte dipinte sui muri di Pompei in occasione delle competizioni elettorali o dei giochi gladiatori.

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