L'altro MANN. I depositi in mostra

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from May 30, 2022
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L'allestimento è ospitato nelle sale degli affreschi ed espone circa sessanta reperti provenienti dalle città vesuviane. Le opere, spesso mai viste o poco note, aggiungono un ulteriore tassello alla conoscenza della cultura e della vita quotidiana alle pendici del Vesuvio in epoca romana. La mostra, anticipazione della nuova sezione dedicata ai materiali pompeiani che sarà inaugurata entro la fine del 2023, si apre con l’esposizione di alcuni degli elementi d’arredo tipici delle case pompeiane: un cratere a volute con corteo bacchico in marmo da Villa San Marco a Stabiae, una cassaforte in bronzo, ferro e legno con amorini e personaggi dionisiaci da Pompei - Casa di Gaio Vibio Italo, un tavolo pieghevole con protomi di cavallo dall’area vesuviana, uno sgabello con maschere e motivi vegetali da Pompei, uno scaldaliquidi a forma di cinta muraria da Pompei, I sec. d.C. Nelle sale in cui si snoda questa prima parte dell’itinerario di visita, è possibile ammirare altri tesori che raccontano la vita delle città vesuviane e la bellezza delle antiche domus. L’esposizione si sofferma sui giardini. Il giardino era uno degli ambienti più importanti della casa romana. Sorto in età repubblicana con la funzione prevalente di orto domestico, nel corso del tempo, subisce numerose trasformazioni con il progressivo affermarsi di uno stile di vita “alla greca”, a seguito della ricezione della cultura ellenistica da parte del ceto elevato romano. I giardini, di solito ben curati e allestiti con elementi architettonici e decorativi di grande effetto (sculture, piccole edicole votive, fontane, vasche, canali o specchi d’acqua artificiali), erano anche un importante strumento di autorappresentazione, luoghi ideali per mostrare al mondo la propria cultura e la propria ricchezza o per esporre una collezione di opere d’arte secondo un preciso programma figurativo che le rendesse visibili da qualsiasi punto della casa. La loro decorazione di solito era ispirata a temi mitici e teatrali ma soprattutto al mondo dionisiaco per celebrare Dioniso come dio della tryphè ellenistica (lusso, sfarzo), della natura selvaggia e della gioia di vivere all’aria aperta. In mostra sono esposti i ricchi apparati decorativi dei giardini: le bocche di fontana bronzee, la decorazione marmorea di fontana con Ninfa da Pompei; gli oscilla in marmo da Pompei. Il verde lussureggiante delle case negli insediamenti alle falde del vulcano è testimoniato anche da tre splendidi affreschi con scene di giardino (da Ercolano e Pompei, inizio I sec. d.C.). Una ricca sezione è dedicata poi al mondo dei gladiatori, che riprende in forma permanente i contenuti della mostra grande temporanea “Gladiatori” (marzo 2021 – aprile 2022). Gli spettacoli gladiatori costituivano una peculiarità del mondo romano: erano diffusi in tutto l’impero e furono praticati per lungo tempo, dal III secolo a.C. fino almeno agli inizi del V secolo d.C. La loro origine si può collocare nel rituale funerario: discendono infatti da gare e duelli che erano organizzati in onore di defunti di alto rango e che sono attestati in area osco-sannitica, in particolare in Campania, già dal IV secolo a.C. Recepiti dai Romani, furono riservati dapprima all’ambito privato ma col tempo divennero un spettacolo autonomo e assai richiesto, offerto al pubblico anche dai magistrati o dagli stessi imperatori. Intorno a questi combattimenti, che esercitavano grande fascinazione presso le masse, ruotava un mondo vasto e complesso che aveva proprie regole, proprie consuetudini e propri luoghi. I reperti custoditi nei depositi del MANN, frutto degli scavi condotti a Pompei dalla metà del Settecento, costituiscono un unicum in quanto consentono di gettare luce sull’organizzazione degli spettacoli nell’arena e sulle tante sfaccettature della vita dei gladiatori, come l’allenamento, la cura del corpo, la religiosità, il combattimento. Oggetti come elmi, schinieri, scudi, spallacci e spade, che furono portati alla luce fin dal 1766 nella cosiddetta “caserma” della regio VIII, aiutano a comprendere le diverse tipologie di gladiatori, come traci, mirmilloni, provocatores, secutores, e a immaginare il combattimento che aveva luogo nell’anfiteatro tra le incitazioni della folla e il suono dei corni. Proprio l’anfiteatro di Pompei è il più antico a noi noto - fu edificato nel 70 a.C. - e ne possiamo ricostruire la decorazione pittorica, che purtroppo non si è conservata, grazie alle tempere che furono realizzate da Francesco Morelli nel 1814 e oggi sono custodite negli archivi del MANN. Altri reperti pompeiani, come le coppe in terra sigillata o i graffiti, ben evidenziano come la passione per i gladiatori si riflettesse nella vita quotidiana finanche nella decorazione degli oggetti di uso comune o nei disegni tracciati da mani anonime lungo le strade. L'esposizione, curata dalle funzionarie archeologhe del MANN Laura Forte e Marialucia Giacco, sarà ulteriormente ampliata nel prossimo settembre. Una mostra in fieri che, basata sull’incessante lavoro di “scavo” e studio negli immensi depositi del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, prelude al raddoppio delle collezioni pompeiane.
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